Credit to Dr. Joe Dispenza e Paolo Petracchi
Il termine "epi" significa "al di sopra" (del gene).
L’epigenetica è una branca della scienza che studia le modifiche ereditabili nell'espressione genica che non alterano la sequenza del DNA. Questi cambiamenti sono influenzati da fattori ambientali, come dieta, stress, stati emozionali e inquinamento, e regolano come e quando i geni vengono attivati o disattivati attraverso l’azione di ormoni, nutrienti, tossine e fattori di crescita. Le modifiche epigenetiche includono la metilazione del DNA e la modificazione degli istoni. Queste variazioni possono influenzare lo sviluppo, la salute e il rischio di contrarre malattie senza tuttavia modificare il codice genetico: il database genetico risulta corretto ma il programma che lo utilizza per costruire proteine non funziona correttamente.
Verso la fine degli anni ’90, dopo la scoperta della doppia elica del DNA da parte di Watson e Crick, si pensava che i geni fossero i "progetti" della vita e che tutte le malattie fossero causate da geni difettosi. Chiunque fosse stato in grado di identificare i geni e fra questi, quelli difettosi, avrebbe potuto avere un vantaggio competitivo immenso nell’allora nascente settore della genomica. In quegli anni ci furono società private come la Celera Genomics, che si misero a sequenziale tutto il DNA umano con l’obiettivo di poterne brevettare i geni e poi venderne le licenze d’uso dietro il pagamento di royalties.
Nel periodo in cui venne realizzata, considerando le capacità delle macchine sequenziatrici e quelle computazionali dei computer disponibili che comparavano e riassemblavano fra loro i geni, o quegli spezzoni di DNA che si riteneva potessero essere identificati come dei geni, l’impresa è da considerarsi davvero titanica, soprattutto perché la molecola di DNA è estremamente densa di informazioni e la quantità di dati che può essere immagazzinata in un grammo di DNA è immensa e dipende dalla sua capacità di codificare l’informazione genetica.
Nonostante tutta questa mole di informazioni, di tutto il DNA riuscirono a sequenziarne il 99% e ci arrivarono alla fine del 2000.
Celera Genomics utilizzò un’innovativa tecnica chiamata "shotgun", che prevedeva la scomposizione del DNA in piccoli frammenti, il loro sequenziamento e successivo assemblaggio attraverso potenti algoritmi computazionali. Il loro approccio si discostava dal metodo tradizionale e sistematico utilizzato dal The Human Genome Project, finanziato principalmente con fondi pubblici. Quest’ultimo prevedeva la scomposizione del genoma in lunghe sequenze di DNA, il sequenziamento di ciascuna di esse una alla volta e il successivo assemblaggio in un ordine predeterminato.
Celera Genomics e The Human Genome Project arrivarono agli stessi risultati e li pubblicarono insieme stabilendo una tappa storica nella biologia moderna.
Ma torniamo ai geni. Di tutto quel 99% del DNA sequenziato tuttavia, solo l’1,5% è stato identificato come sequenze che codificano proteine, il restante 98,5%, non trovandovi sequenze identificabili come geni capaci di codificare proteine e non riuscendo a comprenderne la funzione, è stato classificato dagli scienziati come "DNA spazzatura”: un inutile residuo della nostra storia evolutiva. Anche qui, così come ha fatto con il concetto di energia oscura nell’universo, la scienza amministra la propria ignoranza mascherandola.
Non considero plausibile che Madre Natura, nella sua proverbiale parsimonia, sprechi il 98,5% del codice genetico. Eppure, la maggior parte degli scienziati, in un atto di arroganza, ha abbandonato l’idea di investigarne il significato, liquidandolo come inutile perché incomprensibile. Tuttavia, è proprio in quel 98,5% che potrebbe celarsi il segreto della nostra esistenza, tanto dal punto di vista della coscienza quanto da quello biologico.
Nonostante lo sforzo di sequenziamento miliardario, si è poi scoperto che meno del 5%, e probabilmente solo l’1%, delle persone nasce effettivamente con una condizione genetica che predispone a malattie come ad esempio il diabete di tipo 1, la malattia di Tay-Sachs o l'Anemia Falciforme. Il restante 95-99% delle malattie è determinato dallo stile di vita e dalle scelte delle persone che non sono certo ereditarie, ma frutto di decisioni più o meno consapevoli.
A supporto di quanto scritto, consideriamo il celebre aneddoto dei gemelli monozigoti identici perché condividono lo stesso genoma, dei quali uno muore a 51 anni e l'altro vive fino a 85. Se dessimo retta solo alla genetica questo potrebbe avvenire soltanto per cause accidentali. In realtà nonostante abbiano la stessa eredità genetica, i fattori ambientali e gli stili di vita diversi possono portare a stati di salute e longevità molto differenti. Stessa genetica ma ambienti diversi implica risultati diversi.
Di conseguenza, la scienza ha dovuto riconsiderare la propria posizione “genocentrica”, riconoscendo che non sono i geni a causare direttamente le malattie o a predisporle, ma è l’ambiente che, attraverso i suoi segnali, attiva i geni e determina lo sviluppo di una malattia (il terreno di Pasteur).
Oltre all’aspetto causale dobbiamo considerare anche l’aspetto temporale: come si spiega che, tra due persone che lavorano nello stesso ambiente e sono esposte allo stesso agente cancerogeno per 25 anni, una sviluppa il cancro mentre l'altra no? Questo suggerisce forse l’esistenza di un'interazione tra patrimonio genetico e ambiente che decide tali esiti o una sorta di ordine nelle interazioni?
Arriviamo adesso alla domanda delle domande:
Se l'ambiente può influire sui geni, come abbiamo visto, e se l'emozione è il risultato finale di un’espe-rienza vissuta nell'ambiente, è possibile attivare i geni coltivando/abbracciando un'emozione elevata prima che l'ambiente stesso intervenga su di essi?
Dr.Joe Dispenza
Cioè posso aggirare l’influenza dell’ambiente sul-l’espressione genica forzando un’emozione? Magari facendolo utilizzando la meditazione?
Per valutare gli effetti della meditazione e delle pratiche mente-corpo sulle espressioni geniche con l'obiettivo di comprendere come la meditazione pos-sa influenzare l'attività dei geni, in particolare di quelli coinvolti nella regolazione dello stress, nella neurogenesi, nella riparazione cellulare, e nella prevenzione del cancro, è stato condotto uno studio su un gruppo di circa 7.500 persone che hanno partecipato a un evento di meditazione intensiva di quattro giorni. Questo studio ha evidenziato cambiamenti significativi nell’espressione genica dei partecipanti, dimostrando come pratiche di meditazione possano influenzare l'attività dei geni, soprattutto quelli legati all’infiammazione e al recupero dallo stress.
La ricerca ha mostrato che la meditazione non solo riduce l'espressione di geni pro-infiammatori, ma altera anche i meccanismi che regolano l'attività genica, suggerendo che l'ambiente interno, influenzato dalla meditazione, può avere un impatto diretto sulla salute cellulare.
Durante l'evento, queste persone hanno praticato meditazione in diverse situazioni: seduti, camminando, sdraiati, in piedi. Al termine del quarto giorno sono stati prelevati loro dei campioni di sangue nei quali si è osservato l’attivazione di 7 geni comuni:
Due Geni oncosoppressori:
TP53: noto anche come "guardiano del genoma”, questo gene codifica per la proteina p53, che ha un ruolo cruciale nel prevenire la formazione di tumori, inducendo l'apoptosi (morte cellulare programmata) in cellule danneggiate o mutate.
BRCA1/BRCA2: questi geni sono noti per la loro funzione nella riparazione del DNA e nella prevenzione della crescita tumorale, particolarmente nel contesto del cancro al seno e alle ovaie.
Due Geni relativi alla neurogenesi:
BDNF (Brain-Derived Neurotrophic Factor): un fattore neurotrofico che supporta la sopravvivenza dei neuroni esistenti e promuove la crescita di nuovi neuroni e sinapsi.
GDNF (Glial cell line-Derived Neurotrophic Factor): un altro fattore di crescita che promuove la sopravvivenza e la differenziazione dei neuroni.
Un Gene che segnala alle cellule staminali di ripa-rare le aree danneggiate:
SOX2: un gene che codifica per un fattore di trascrizione essenziale per il mantenimento della pluripotenza nelle cellule staminali embrionali e il potenziale rigenerativo delle cellule staminali adulte.
Un Gene Nrf2 relativo alla regolazione dello stress ossidativo:
NFE2L2 (Nuclear Factor, Erythroid 2 Like 2):il gene che codifica per Nrf2, un regolatore maestro della risposta antiossidante, che attiva l'espressione di una serie di enzimi antiossidanti in risposta allo stress ossidativo.
Si è accertato anche come questi geni, che insieme contribuiscono a migliorare la salute generale e la resilienza delle cellule, influenzando la capacità del corpo di combattere malattie, rigenerare tessuti e mantenere un equilibrio omeostatico, facciano let-teralmente fiorire il nostro corpo.
Cosa potrebbe accadere se le persone praticassero meditazione per tre mesi?
Durante lo studio, oltre a verificare l’attivazione dei geni, sono stati anche misurati i telomeri ovvero le sequenze ripetitive di DNA situate alle estremità dei cromosomi, che proteggono i geni dall'usura durante la replicazione cellulare e che indicano l'età biologica della cellula. Poiché gli enzimi di replicazione del DNA non possono copiare completamente le estremità dei cromosomi, ogni volta che una cellula si divide, i telomeri si accorciano leggermente. Quando i telomeri diventano troppo corti, la cellula perde la capacità di dividersi ulteriormente, entrando in senescenza o morendo. Questo processo è strettamente legato all’invecchiamento: telomeri più corti sono associati a un maggior rischio di malattie legate all'età e a una ridotta longevità. Tuttavia, l’attività della telomerasi, un enzima che allunga i telo-meri, può rallentare questo processo, influenzando positivamente la longevità e la salute cellulare.
Per verificare l’effetto della meditazione sull'attività della telomerasi, è stato condotto un’altro studio all’interno del Progetto Shamatha, realizzato da ricercatori dell'Università della California, Davis e dell’Università della California, San Francisco. In questo studio, a un campione di 60 persone è stato chiesto di meditare cinque giorni su sette per un periodo di 60 giorni. Al termine di questo periodo, sono stati analizzati i telomeri del cromosomi delle loro cellule, rivelando che il 74% dei partecipanti aveva allungato i propri telomeri. Di questi, il 40% ha mostrato un cambiamento significativo, mentre il 20% ha avuto un cambiamento molto rilevante.
Considerando adesso il fatto che nello studio condotto a Floating Flo nel 2019 su un campione di 530 persone, il 78% di queste era stato rilevato un valore di stress medio alto, ed il risultato del Progetto Samantha in cui il 74% dei partecipanti aveva allungato i propri telomeri con la sola seduta di meditazione/mindfulness, possiamo concludere che questi risultati dimostrano una correlazione significativa tra la gestione dello stress mediante tecniche di meditazione, mindfulness e deprivazione sensoriale e l’attivazione dei geni e dei meccanismi di replicazione cellulare. Tali pratiche sembrano influenzare positivamente i telomeri, contribuendo così a prolungare la durata della vita cellulare e, di conseguenza, a guadagnare potenzialmente un po' di tempo in più nella nostra vita.
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